La maggior parte degli italiani, non andando a votare o premiando candidati di protesta, ha lanciato un messaggio molto forte ai partiti e alle istituzioni: non vi crediamo più.
Il disgusto dilaga, la sfiducia pure. Ed allora l’unica risposta possibile è un taglio netto con il passato che non passa.
Già, appunto, oggi anche a casa nostra, nel nostro "mondo piccolo" non ci si confronta con i partiti, bensì con la loro crisi, soprattutto di autorevolezza che molto spesso si traduce in arrroganza.
Pensare al loro recupero per rimetterli in gioco senza cambiare una virgola rappresenta una pericolosa illusione.
L’unica soluzione è una ripartenza da zero, con partiti nuovi e facce nuove.
Questo chiedono i cittadini elettori, di destra e di sinistra. Chi lo capisce per primo vince.
Su
questo terreno, a livello locale l'altra carta da giocare è quella del
civismo; cioè
della rappresentanza vera degli interessi del cittadino, non
l'improvvisata costola elettorale di questo o quel raggruppamento
partitico, ma un civismo di tutti i giorni, legato al territorio dove si
vive e che finirebbe per essere il primo riferimento vero, vitale,
riconoscibile, attraverso cui canalizzare e dare risposte ai problemi
del territorio e della gente che lo abita, lavorando, mettendo su
famiglia,
crescendo i figli e ponendo le basi per consegnare a loro un futuro di
opportunità nella pluralità di interessi in una società aperta dove si
confrontano idee e programmi.
Da liberale, liberamente liberale, non posso fare a meno di segnalare che, come ricorda Piero Ostellino ("Lo Stato canaglia" Rusconi Editore), le nostre istituzioni pubbliche e le nostre forme di organizzazione sociale riflettono una cultura statalista, dirigista, protezionista; in una parola, illiberali. L'Italia conserva dell'autoritarismo fascista e del totalitarismo comunista il pregiudizio ideologico nei confronti dei diritti soggettivi e naturali dell'individuo; al contrario occorrerebbe una bella cura dimagrante dell'invadenza dello Stato.
Da liberale, liberamente liberale, non posso fare a meno di segnalare che, come ricorda Piero Ostellino ("Lo Stato canaglia" Rusconi Editore), le nostre istituzioni pubbliche e le nostre forme di organizzazione sociale riflettono una cultura statalista, dirigista, protezionista; in una parola, illiberali. L'Italia conserva dell'autoritarismo fascista e del totalitarismo comunista il pregiudizio ideologico nei confronti dei diritti soggettivi e naturali dell'individuo; al contrario occorrerebbe una bella cura dimagrante dell'invadenza dello Stato.
Ho
finito, anche se in verità tutto deve ancora iniziare, ma questo vuol
essere null’altro che, come si diceva una volta, un contributo al dibattito.
E meno male che La Marianna c'è.
E meno male che La Marianna c'è.
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